10. L’inno della Champions
In, aperta, contrapposizione al triste inno della massima lega italiana, la “musichetta” che anticipa di pochi secondi l’inizio di ogni match della Champions, è apprezzata da tutti i tifosi continentali che la sognano di notte per i loro beniamini come prova di accesso al grande calcio. Iniziata proprio nella prima edizione della Nuova Formula ideata dall’Uefa in sostituzione della Coppa Campioni, l’inno non ha un suo titolo ma ha un suo testo, scritto nelle 3 lingue ufficiale dell’Uefa, inglese, tedesco e francese. Di semplice impostazione enfatica il testo, rivisto più volte negli anni, lascia spazio alla musica che porta la firma del compositore inglese Tony Britten, musicista sconosciuto, solo omonimo del grande Benjamin. Ma Britten ha solamente trascritto un vero, grande inno confezionato da uno dei più importanti compositori di tutti i tempi, il sommo Georg Friedrich Handel. Uno dei primi, e più influenti, musicisti tedeschi che hanno dettato la musica colta del nostro continente. Nata ad Halle, Handel ha però svolto la gran parte della sua carriera a Londra ed ha composto nel 1727 l’inno di incoronazione di Re Giorgio II intitolato Zadok the Priest, che ancora oggi viene suonato per l’incoronazione del sovrano inglese. Tony Britten è entrato nella storia riprendendo un brano del Maestro tedesco e rendendolo adatto al fine che gli era stato assegnato dalla Uefa.
E dobbiamo dire che, nel filone su cui si muove questo sito, far conoscere ai tifosi calcistici di tutta Europa uno dei più eminenti artisti del continente fa davvero, immenso, piacere.
9. Il Brest
Questo sito aveva, per tempo, dedicato un ampio articolo alla sorpresa Brest, ancora prima che fosse ufficiale la sua effettiva qualificazione alla Champions. Alla sorprendente squadra di calcio e, naturalmente, all’affascinante città che ospita il club. Ci sembrava davvero eccitante, in occasione del lancio del nuovo format, la partecipazione di una debuttante assoluta che presentava all’Europa una storica cittadina affacciata sull’Atlantico, sede di uno dei porti più belli del continente. Detto questo, tutti ci aspettavamo un percorso accidentato di un club privo di ogni nobiltà, ma la sorpresa francese ha investito anche la Champions e fin dall’inizio la formazione guidata da Eric Roy si è inserita nelle 8 elette che accederanno direttamente agli ottavi. Fatto molto, adesso i marinai di Brest devono compiere l’ultimo miracolo. Nelle ultime due gare saranno prima ospiti, in campo neutro, dei modesti ucraini e poi chiuderanno in casa coi Campioni in carica del Real, che certo non può regalare niente. Con 4 punti rqggiungerebbero il grande exploit mentre con 3 sarebbe più difficile. Inutile dire che questo sito, che auspica un vero campionato continentale ma guidato dal merito e dalla rotazione delle sue protagoniste, fa il tifo per il piccolo club bretone.
8. Il Liverpool
Si dubitava su queste pagine, si dubitava ! Si scriveva che l’addio di Herr Klopp sarebbe stato difficile da coprire per Arne Slot. Ebbene la risposta del nativo di Bergentheim sembra eloquente: 6 gare in Champions e 6 successi, conditi da 13 gol fatti, neppure moltissimi, e solo 1 subito, ed è davvero pochissimo. Et voila, 4 mesi di gare e l’allenatore olandese ha fatto capire di soffrire ben poco il lascito di un allenatore basilare nella storia dei Reds come il tedesco. Registrata a dovere la difesa, rivitalizzato un fantastico Momo Salah assieme ai suoi fratelli delanteri, fin qui la stagione del Liverpool, eccezionale anche nelle gare nazionali, lascia più che soddisfatti ì seguace dell’ You’ll Never Walk Alone. E noi evitiamo qui di parlare di calendari più o meno difficili per fare pubblica ammenda avendo pronosticato dai 14 ai 17 punti finali per una squadra che ne ha fatti 18 in 6 partite.
7. Il ritorno del Barca
Dopo una piccola pausa dovuta ad una crisi finanziaria ancora di là dal concludersi, la regina catalana su rimette lo scettro per santificare una seconda svolta dopo quella che aveva portato Pep nostro sul tetto del calcio europeo, e non solo. Oggi ai comandi tecnici è un coach tedesco, come da tendenza ormai avanzata, che ha a disposizione un manipolo di ragazzini e un volpone dell’area di rigore. Assieme questa miscela può generare risultati importanti come già si è visto in questa parte della competizione in cui i blaugrana hanno raccolto 5 successi con una sfortunata gara iniziale giocata per gran parte in inferiorità numerica. Lamine Yamal l’indiscussa vedette ma assieme ai lui un manipolo di millenials di grandi prospettive. Parliamo del difensore Pau Cubarsi, classe 2007, del collega di reparto Alejandro Balde, 2003, dei centrocampisti Pedri, 2002, Gavi,2004, Casado, 2003 in attesa del nuovo talento Marc Bernal, altro 2007 dal gran talento, per finire col noto Yamal, luglio 2007 e Fermin Lopez, 2003. Una batteria di saranno famosi, qualcuno ovviamente lo è già, che fa pensare al Barca come la squadra da battere per il futuro calcio continentale. Per ora il team di Flick si accinge a strappare con Benfica e Atalanta il pass diretto e poi vediamo a che punto è la notte.
7. Il movimento francese
Quando si parla delle grandi, calcistiche, d’Europa si fa fatica ad annoverare tra queste il Paese che negli ultimi secoli è stato probabilmente il più influente al mondo dei grandi Stati/ Nazione europei. Solo negli ultimi anni, grazie ai petrodollari degli Emirati, l’ammiraglia del calcio francese, quel Paris Saint Germaine di cui aveva la bacchetta da direttore d’orchestra un piccolo tuttocampista abruzzese, aveva osato mettere il proprio nome tra i possibili vincitori del trofeo vinto dai transalpini solo come Coppa dei Campioni ed oltre 30 anni fa, dal Marsiglia in finale col Milan sacchiaano. Ma anche il PSG aveva sempre stentato in Champions, raggiungendo unicamente la finale nell’anno Covid, sconfitti dai tedeschi del Bayern Monaco.
Anche quest’anno si presentava la nuova manifestazione parlando di un manipolo francese, 3 club a cui si è unito il Lilla proveniente dal percorso piazzate dei preliminari, di cui il solo Paris poteva appunto aspirate sensatamente agli ottavi. Ed invece ecco che la squadra leader del movimento si inceppa clamorosamente, raggranellando la miseria di 7 punti in 6 gare, mentre i meni considerati Monaco, Brest e Lilla ottengono complessivamente 36 punti che valgono per ora le posizioni 7,8 e 16 nella classifica. Quante riusciranno ad arrivare direttamente agli ottavi, che noi pensiamo richiedano dai 16 ai 17 punti non è dato sapere, ma certo è che il movimento per ora ha talmente ben performato che i francesi sono sul secondo gradino del ranking stagionale che porterà le prime due ad ottenere il posticino supplementare nella Champions. E tant’è
7. Robert Lewandoski
Dopo soli 10 minuti del confronto interno con i sorprendenti francesi del Brest dello scorso 26 novembre, il cannoniere polacco ha realizzato la centesima rete nella massima competizione continentale, alla bella età di 36 anni e 3 mesi. Al termine del match poi segnerà su rigore anche un ulteriore rete che porta a 7 quelle in stagione, nelle 6 partite, 5 vinte, disputate dai blaugrana. Ormai indubitabile miglior giocatore all time polacco il gigante nativo di Varsavia ha diviso il suo bottino tra il Borussia Dortmund, il Bayern ed oggi il Barca a riprova che la lettera B sia la preferita. Quest’anno si è ritagliato il ruolo di chioccia di un manipolo di ragazzi terribili che hanno la metà dei suoi anni e da cui si fa omaggiare di assist, restituendo la moneta sonante di reti implacabili che potrebbero portarlo alla finale di Monaco, stadio che conosce bene, proprio alla soglia delle 37 primavere, con la concreta possibilità di laurearlo miglior marcatore più anziano di tutti i tempi della Champions/Coppa Campioni.
6. Il movimento italiano
Per ora non una grande annata. Ne in termini di punti, che sono complessivamente 1,633 per match, né tantomeno in termini di gioco, con la nostra ammiraglia che ha ulteriormente ridotta la sua mole di football a vantaggio di una pretesa personalità che la porta anche ad offuscare la notevole base tecnica di cui gode. Molto meglio, nel complesso, l’Atalanta mentre il Milan è avvitato in un rebus tattico sempre più indecifrabile e la Juve continua davvero, malgrado il cambio del tecnico, a fornire prestazioni lontane dalla sufficienza. La possibilità di portare 4 squadre su 5 agli ottavi è sempre in piedi, anche se almeno 2 attraverso gli ostici spareggi, e quindi per ora vale la, stentata, sufficenza.
L’attuale situazione parla di 49 punti ottenuti in 30 match con una media, modesta, di 1,63. Frutto di un percorso non brillante per le 4 grandi e addirittura vergognoso per il Bologna ( di cui parliamo a parte). Il tutto condito da calendari piuttosto favorevoli che, per esempio, hanno permesso alla Juve di galleggiare e alle milanesi di pensare alla promozione diretta. Ancora peggio in logica gioco, con una perniciosa attitudine alla conservazione che ha partorito il miserabile dato di 42 reti all’attivo, cioè ben 7 in meno rispetto ai punti realizzati. Dato che “sublima” i percorsi di Inter ( 13 punti con 7 gol) e Juventus 12 punti con 9 gol).
6. La nuova formula
Per chi, come noi, lo considera solo un passaggio, obbligato, verso un vero campionato europeo per club, questo format non è neppure dispiaciuto. In altra parte parliamo, negativamente, del sorteggio, ma complessivamente registriamo certamente una crescita dello spettacolo offerto dalla nuova formula escogitato a Nyon. Questo al netto dell’ attenzione a questo argomento da parte delle varie squadre partecipanti. Per dire sembra che ne Thiago Motta ne Simone Inzaghi tengano molto a questa componente che invece è certamente molto apprezzata da tecnici come Flick, Alonso o Gasperini che basano i loro, ottimi, risultati proprio sulla predisposizione al gioco ( sulle orme di un maestro come Arrigo Sacchi). Ma questo certo non compete alla formula che promuoviamo pur con una stentata sufficienza.
5. Il movimento tedesco
Come potevamo immaginare 5 club da presentare sul palcoscenico più nobile sono troppi per il movimento tedesco che ha già esaurito la sua fase migliore e si sta ripiegando su se stesso. Solo la squadra dello spagnolo Xabi Alonso ha rispettato in pieno i propositi e raggiunto risultati pari al suo organico. Cosa che non hanno fatto ne il Borussia finalista dell’ultima edizione, ne soprattutto i bavaresi allenati da Kompany che solo da ultimo hanno accelerato sognando un posto tra le elette da raggiungere all’ultimo tuffo. Non rimarchevole neppure il percorso dello Stoccarda, grande solo nella trasferta sfortunata di Madrid e, soprattutto, in quella vincente di Torino. Addirittura disastroso il cammino del Lipsia che non riesce in Europa a ripetere le ottime prestazioni nazionali. E anche qui lo slining door mancato, è stato quello con i bianconeri di Motta.
4. Il nuovo PSG
Messi in soffitta gli anni dei tanti e costosi fuoriclasse, il club parigino pensava sicuramente di partire con un altro passo in quella sede europea che anche negli anni più ambiziosi, non li ha mai adeguatamente ripagati con i risultati. Ed invece l’esito della rivoluzione, certamente benedetta da un tecnico iconoclasta come Luis Enrique, per ora è quasi drammatico, considerato che ancora i punti ottenuti valgono l’eliminazione dal torneo. E neppure si può sperare nel sorteggio che propone ai parigini prima un confronto micidiale con il City e poi la trasferta di Stoccarda all’ultima. Se immaginiamo il cut a 10/11 punti per strappare l’ultimo invito agli spareggi, c’è veramente da tremare per Luis Enrique che, mancando questo minimo traguardo, non potrebbe accampare alcuna scusante al suo fallimento.
3. Il Manchester City
Dire che non avevamo immaginato la crisi dei Citizen è dir poco. Nessuno che mastica calcio poteva anche lontanamente pensare ad un annata così disastrosa di un congegno che l’indiscusso miglior tecnico europeo aveva costruito con la solita perizia. Non c’è competizione in cui il City non si sia arenato in questi 100 giorni incredibili ma, parlando qui solo ed unicamente di Champions vogliamo immaginare che gli uomini di Guardiola possano ancora lasciare la loro impronta a partire da febbraio quando saranno impegnati in un doppio confronto che potrebbe alfine anche rinvigorire le proprie ambizioni. Almeno quelle europee, del resto le più importanti.
2. Il Bologna
Qui eravamo stati facili profeti. Perdere i 2 principali artefici in campo e, soprattutto, il demiurgo in panchina, avrebbe impedito ai felsinei anche solo un comportamento dignitoso in sede europea. E così è stato per tutto il torneo contrassegnato da una stitichezza imperdonabile sotto rete che parla di un clamoroso unico gol realizzato in 6, sei ! gare. Un pianto che i meravigliosi tifosi emiliani non si meritavano dopo i fasti dell’anno scorso e che vanno addebitati in larga parte ad un azionista che non ha saputo, appunto, comprendere la grande opportunità di una città intera, e che ha invece tarpato ben bene le ali alla fantasia. E in piccola parte ad un allenatore che si pensa semplicemente molto più bravo di quanto sia realmente.
1. Il sorteggio
Far convivere un “accettabile” torneo continentale con la varia paccottiglia nazionale che si compone di campionati, coppe e coppette varie e, per i migliori, anche di una supercoppa disputata dall’altra parte del mondo in 5, cinque ! giorni, non è certamente facile. E naturalmente tutto è deputato ad un sorteggio che deve decidere come “scremare” le partecipanti prima degli attesi confronti diretti. Dopo i vecchi gironcini da 4 squadre che hanno contraddistinto le prime 30 edizioni della Champions, da quest’anno gli scienziati di Nyon ci hanno impiattato un sorteggio che definire bizantino è un gran torto ad un impero raffinato come quello cosiddetto romano d’Oriente. In primis l’obiettivo era aumentare i match scrematori che sono passati da 6 ad 8 mentre un ottima scelta quella di passare da 3 ad otto le squadre che ogni club affronta nella fase campionato. Naturalmente in tutto questo il caso opera un discrimine pesante come ben dimostra la stagione del Milan di Fonseca che , prigioniera delle sue paturnie e del suo caos tattico, può incredibilmente ancora sperare di essere la migliore tra le 5 squadre italiane. Questo solo in virtù di un calendario complice, senza però dimenticare il trionfo del Bernabeu ! Come detto la perfetta convivenza tra tante manifestazioni, di club e delle squadre nazionali, è semplicemente impossibile. Ma qualcosa di meglio a Nyon possono certamente escogitare. E se servono idee, basta chiedere.
0. La guerra in Ucraina
Dannata battaglia in corso da quasi tre anni sul suolo ucraino e, in piccola parte, anche su quello russo. Il mondo intero spera che, come più volte affermato, il nuovo presidente Americano, come prima mossa, fermi questo conflitto nato nel cuore del vecchio continente e che esclude praticamente due nazioni dalla competizione sportiva più importante organizzata sul territorio. Per, notevoli, meriti acquisiti in passato, a partite naturalmente dalla lunga epopea di Mircea Lucescu, la formazione di Donetsk, area di principale svolgimento del conflitto, si è conquistata anche quest’anno il diritto ad entrare tra le protagoniste della Champions, ma indubbiamente il suo rendimento ha risentito e non poco della situazione e il suo percorso si fermerà qui. Peggio ancora per il movimento russo, valido protagonista negli anni di quello europeo, costretto a bordo campo da imposizioni politiche che ci lasciano orbi di club leggendari come lo Sparta, il Lokomotiv , il CSKA o il Rapid di Mosca, lo Zenit San Pietroburgo, anche di coach Spalletti o il Kazan, squadra del mitico Tatarstan. Ci mancano certo i numerosi talenti che la Russia ha sempre messo in mostra sul palcoscenico europeo e finiamo dandovi la classifica attuale del campionato russo giunto alla 18esima giornata. In vetta sorprende il Krasnodar, che rappresenta una delle più europee cittadine russe, posta tra la Georgia e l’Ucraina e divisa dalla Turchia solo dal Mar Nero. Con gli stessi punti anche il solito Zenit, oggi guidato dal tecnico Semak, nativo ucraino, mentre dal terzo al sesto sono le 4 squadre di Mosca e solo ottavo il Kazan.